Albenga, Londra, Helsinki. Quella di Stefania è una storia d’amore: per la Liguria, la sua terra d’origine, dove tutto è cominciato, ma anche e soprattutto per la sua famiglia e per la Finlandia, dove si trova ora. Dal sole della Riviera al freddo di Helsinki, in un percorso lavorativo e di vita che ha preso il via quindici anni fa. Originaria di Albenga (SV), classe 1982, specializzata nel settore del design, Stefania Alisciani oggi è di casa nella capitale finlandese, dove risiede con il consorte Tony e con i figli Filippo e Amelia, e dove lavora come responsabile commerciale estero per l’Europa e Medio Orientee di Artek, nota marca di mobili scandinavi.
“Helsinki è casa mia – on & off – da ormai 15 anni. La prima volta da neo-maturanda nel 2001, per amore e per gli studi. Sempre per amore, partenza nel 2004, per la meta successiva, Londra, mio chiodo fisso, un trasferimento con il mio compagno per via degli studi universitari”, racconta.
Nella capitale britannica, un inserimento quasi immediato, dal punto di vista lavorativo.
“A Londra, il primo lavoro fu in un negozio di design scandinavo. In breve tempo passai dal negozio all’ufficio con un titolo da junior. Poi cambiai un paio di lavori, sempre migliorando la posizione, per poi arrivare a occuparmi di Account Management in una compagnia di arredamento di design business to business, lavorando su progetti importanti a livello nazionale e internazionale. Londra permette questo e altro, perché nel campo dell’architettura e del design è ancora veramente il centro vitale – molti progetti vengono preparati a Londra per essere poi costruiti dall’altra parte del mondo – ma soprattutto perché è davvero basata su di un sistema meritocratico, dove io, ventenne straniera, non ho avuto alcun problema a fare carriera È bastato lavorare sodo e dimostrare di essere in grado di fare bene il mio lavoro in modo impeccabile e preciso. Nessuna raccomandazione, nepotismo o altro. Semplicemente, voglia di lavorare e determinazione nel dimostrare che pur essendo giovane io ci sapevo fare e basta”.
Dopo sette anni a Londra, il trasferimento a Helsinki. E l’ennesimo avanzamento di carriera.
“Nel 2011 decidemmo di tornare a Helsinki, soprattutto per dare una vita meno frenetica al nostro primo figlio che era ormai in arrivo. Qui lavoro sempre nel campo del design, per la ditta di mobili storica Artek, dove attualmente mi occupo del commerciale estero con l’Europa e Medio Oriente. Nel 2014, a seguito dell’acquisizione della compagnia da parte del gigante del design Vitra, ho trascorso mesi in giro per l’Europa per preparare il nuovo personale, sia sui prodotti che sulla nostra storia e filosofia del design. Particolare ironico, dal momento che il Finlandese medio è cresciuto con Artek, sui banchi di scuola, a tavola dai nonni, in biblioteca: questi mobili sono davvero ovunque e tutti li conoscono personalmente, hanno una storia da raccontare. L’Amministratore Delegato, nonostante io fossi l’ultima arrivata in ditta e nonché straniera, ritenne che io fossi la persona giusta per diffondere ‘il verbo’ di Artek in Europa: di questo vado fiera. Me lo avessero detto anni fa, non ci avrei creduto”.
Né a Londra, né a Helsinki, Stefania ha incontrato difficoltà ad ambientarsi.
“Sono una persona molto adattabile e ho sempre amato conoscere culture diverse dalla mia, persone con valori differenti, a volte anche totalmente opposti ai miei. Lasciando l’Italia a 18 anni sono diventata adulta all’estero, dunque la mia personalità e i valori si sono mescolati e rimodellati di conseguenza. Sono Ligure fino all’osso, ma con nuance della cultura finlandese e inglese”.
Dell’Italia cambierebbe alcune cose.
“Purtroppo il Paese sembra ancora basarsi su un sistema di nepotismo antiquato ed ingiusto, dove i giovani vengono sottovalutati tanto, troppo, e sono in pochi quelli che riescono a farcela a ottenere un posto di lavoro fisso e a utilizzare il loro potenziale realizzandosi. Come fa un paese a crescere quando le sue giovani menti se ne vanno in massa?”
Tuttavia, ci tiene a precisare, la Finlandia non è l’Eldorado che spesso viene presentato da certa stampa italiana.
“Certo, la crisi è meno forte, il sistema sociale funziona meglio e il tenore di vita è relativamente alto. È però necessario evidenziare che se non si parla la lingua locale è davvero difficile trovare lavoro, salvo casi in cui si è super specializzati nel settore in cui si lavora. Purtroppo, anche il campo della tecnologia che prima offriva tanto lavoro ormai si è contratto: Nokia, per fare un nome, nel giro di pochi anni ha praticamente licenziato tutto lo staff”.
Dopo qualche anno, la nostalgia per l’Italia e per la Liguria inizia a farsi sentire?
“Devo ammettere che, per anni, la mia terra non mi è mancata per niente, ma ora sta iniziando a mancarmi in maniera a volte prepotente. Mi mancano le cose ovvie come il cibo, la famiglia e il clima, lo stile di vita easy e la cultura. Ma anche tutte le sue imperfezioni, le stesse che ogni volta che sono in Italia mi danno ai nervi, ma che poi mi mancano quando sono di nuovo a Helsinki, dove tutto è talmente preciso che a volte diventa persino frustrante. Mi mancano persino i treni in ritardo, paradossalmente. Vorrei che i miei figli potessero crescere come me, a suon di focaccia, Estathé e cartoni animati giapponesi. E nel frattempo, nella valigia non manca mai il paté d’olive, e in casa almeno una volta a settimana si mangia pesto fresco – su richiesta di mio figlio Filippo, che a tre anni sapeva già elencarne gli ingredienti”.
Il biglietto di Stefania, dunque, potrebbe non essere di sola andata.
“In Italia mi piacerebbe tornare, non so se in Liguria. Non perché non voglia, anzi, ma perché a livello di lavoro sia io che mio marito – che è art director – probabilmente avremmo maggiori opportunità in altre zone come Milano o nel Triveneto. Si può dire che questo è un progetto su cui stiamo iniziando a lavorare. Dunque, come dicono in inglese…Watch this space”.