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Paolo Calcagno presenta il libro “Savona, porto di Piemonte” all’Unione Industriali

Venerdì 5 dicembre alle ore 17 l’Unione Industriali della Provincia di Savona ospiterà la presentazione del libro di Paolo Calcagno “Savona, porto di Piemonte”, realizzato in collaborazione tra l’Unione Industriali e la Cassa di Risparmio di Savona. All’evento, introdotto da Alessandro Berta, direttore dell’Unione Industriali, parteciperanno – oltre all’autore – il professore Ordinario di Storia Economica Giovanni Assereto e il presidente della Cassa di Risparmio di Savona Luciano Pasquale.
Il volume costituisce una novità storiografica nel panorama degli studi sulle città portuali, ripercorrendo le vicende socio-economiche di Savona tra il tardo Medioevo e la prima industrializzazione a cavallo tra il XIX e il XX secolo, offrendo un’analisi obiettiva e misurata individuando aspetti di vitalità ed elementi di debolezza.

“SAVONA, PORTO DI PIEMONTE”

Il volume “Savona, porto di Piemonte” costituisce una novità storiografica nel panorama degli studi sulla città, e per certi versi anche sul piano nazionale, visto che la storiografia italiana sulle città portuali non ha, come altrove (vedi la Francia), una tradizione consolidata, e che negli ultimi decenni l’interesse per questo tipo di ricerche è sembrato scemando.

Per primo, grazie a uno scavo documentario molto ampio, il libro di Calcagno ripercorre le vicende socio-economiche di Savona tra il tardo Medioevo e la prima industrializzazione a cavallo tra XIX e XX secolo, e rispetto alla storiografia tradizionale – quella meritoria ma “localista” dei vari Bruno, Noberasco e Cerisola – introduce finalmente elementi di riflessione e di problematizzazione, inserendo la storia cittadina nel più vasto panorama italiano e mediterraneo. A un incasellamento schematico del passato, fra fasi di esaltazione e fasi di mortale decadenza, in questo lavoro si fa spazio una visione più obiettiva e misurata, forte di una strumentazione metodologica e di un approccio critico che permette di individuare di volta in volta aspetti di vitalità ed elementi di debolezza, e di sganciare l’analisi dalla distorcente logica della rivalità con Genova, la città dominante verso la quale si è sempre nutrito un senso di inferiorità poco motivato.

Una visuale distorta e miope, quella decostruita con attenzione e puntualità nel libro, che non ha permesso di rendersi conto che la proiezione extramediterranea del porto savonese nel XV secolo si realizzò sostanzialmente sulla scia di Genova e con i capitali e le navi dei genovesi, che utilizzavano Savona come punto di appoggio per i loro traffici intercontinentali. Ciò non toglie che Savona abbia saputo, in questo periodo, ritagliarsi i suoi spazi con una buona dose di autonomia e di intelligenza economica; e cioè sfruttando le ampie coltivazioni di guado (pianta dalla quale si estrae il colorante blu, tanto ricercato nei centri tessili nelle Fiandre e in Inghilterra) delle piane dell’Alessandrino e del Tortonese. Ma Savona i savonesi guardavano a Genova, ne seguirono l’esempio per l’organizzazione e la direzione dei loro traffici (oltre che per essere tutelati nei centri mercantili di destinazione).

D’altra parte, Savona continua ad essere “porto di Piemonte” anche nel corso dell’età moderna, un’età che ritrova inaspettatamente anche risvolti positivi. Sono gli stessi amministratori comunali – quelli che altre volte non esitano a piangere miseria e a reiterare lamentazioni sullo stato miserevole della città – a dire che «la città di Savona è situata in un posto tale che si può giustamente chiamare il primo scalino della vera scala del Piemonte e Monferrato». Dai documenti analizzati da Calcagno, che per primo ha battuto a fondo il fondo notarile dell’Archivio di Stato savonese e le carte del Banco di San Giorgio di Genova, la città non sembrerebbe ridotta a una «tomba» (come scrisse Torteroli nell’Ottocento), e retta da un governo tirannico ed esoso che ne avrebbe depresso tutte le attività economiche.

L’immagine è piuttosto quella di uno snodo commerciale a tratti ancora vivace, capace di dialogare con un entroterra compatto e con una connotazione economica piuttosto marcata, nonché di un centro di artigianato diffuso al servizio del grosso mercato urbano della Capitale (si prende lana e si rivendono berretti, ad esempio); unico vero porto della Riviera di ponente dove si può usufruire di servizi marittimi e navali (marinai da imbarcare, vele da montare, cordame da utilizzare, calafataggi da effettuare, ecc.) e polo gravitazionale di un’area che comprende una buona fetta del Ponente ligure e sale nell’entroterra per diversi chilometri. Ma Savona, tra Cinque e Settecento, è anche una bella realtà urbana, con un centro abitato da un patriziato relativamente ricco e incline a promuovere un’edilizia di prestigio e sobborghi periferici ben coltivati e impreziositi da eleganti tenute signorili di proprietà di un patriziato che tende sempre più, per la verità (secondo un’abitudine dei ceti dominanti degli altri centri italiani), a spostare i suoi capitali verso la terra.

Si gira pagina, e un altro luogo comune viene abbattuto. Per quanto idolatrato quale secolo del risveglio, buona parte dell’Ottocento è caratterizzata dalla netta persistenza di un sistema economico tradizionale: gli anni dell’amato prefetto napoleonico Chabrol passano senza lasciare grosse tracce (se non nelle menti e nei cuori, in termini di idee e progetti), e sotto i Savoia preunitari la città non riesce a fare il salto, incapace di operare delle radicali scelte strategiche in campo economico, di prendere una direzione precisa in senso “commerciale” o “industriale”.

Savona, però, centra l’appuntamento decisivo: nel 1861, anno decisivo per la storia politica del nostro paese, sulle rovine del “vecchio” porto medievale sorge la Tardy e Benech, stabilimento che segnerà le sorti socio-economiche della città e aprirà la sua corsa verso la modernizzazione. Grazie all’uso di una bibliografia molto vasta, e al ricorso sistematico a una proficua comparazione con altre realtà portuali italiane, Calcagno inquadra questa vicenda in un giusto contesto, descrivendo il progressivo inserimento di Savona entro un ampio sistema economico-finanziario, senza considerare il quale non se ne possono capire né le trasformazioni né il ruolo giocato sulla scena nazionale ed internazionale. Un passaggio fondamentale per quello che fino a questo momento è stato il “porto di Piemonte”; un passaggio che il libro ci spiega minuziosamente alla luce delle fredde statistiche sulla produzione e l’occupazione prodotte dai ministeri del nascente Stato italiano, ma anche soffermandosi sulla trasformazioni strutturali del paesaggio urbano (con ricadute significative sul dibattito politico locale): come dice in chiusura Calcagno, è in questo periodo che prende le mosse quell’accelerazione improvvisa da cui è nata la città di oggi.

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