Le perplessità delle imprese industriali del territorio, che operano nel porto di Savona, sul piano di riforma del Governo.
SVolta.net riporta l’intervento integrale di Alessandro Berta, Direttore dell’Unione degli Industriali della Provincia di Savona, nel corso dell’incontro sul progetto di riforma della portualità, svoltosi a Savona con l’on. Debora Serracchiani, Governatore del Friuli Venezia Giulia e vice segretario del Partito Democratico responsabile a trasporti e infrastrutture.
“Sono qui a rappresentare non solo le imprese industriali, che sono la merce che attraversa nei porti – e se non ci fossero le industrie che stanno in Pianura padana, nei porti non ci passerebbe nulla. Rappresento anche il cluster marittimo, dietro ci sono le associazioni degli agenti marittimi, le associazioni dell’utenza portuale, ci sono anche i terminalisti portuali. Ovvero, indotto e cluster della logistica. Non mi permetto di rappresentare i lavoratori portuali, ma le nostre aziende che danno tanto lavoro, né la compagnia portuale, che è un soggetto che a Savona lavora e ha superato momenti di crisi. Non ricordo, se non pochissimi momenti di sciopero negli ultimi anni. Con la compagnia le nostre aziende operano costantemente, ed essa non ha, a fine anno, i problemi che ha a Genova, non c’è buco e non litiga su come ripianarlo”.
“Ringrazio il Sindaco Federico Berruti per l’analisi molto lucida. Ribadendo quello che ha detto Luciano Pasquale, mi permetto qualche punzecchiatura in più. C’era un documento pubblicato nel luglio 2014 dal Dipartimento della Programmazione Economica, e pubblicato tuttora sul sito del MIT, bastava prendere quello, senza bisogno di fare un nuovo Piano della Logistica, che individuava tutta una serie di situazioni. Diceva ‘non riusciamo a competere con i porti del Nord Europa’, ma dobbiamo competere con Francia, Spagna, Koper, Pireo. Koper, in particolare, incide direttamente sulla Pianura padana, ha procedure doganali molto più veloci di noi. Abbiamo anche quel tipo di competitività. Il documento disegnava una struttura che diceva: ‘secondo noi ci dovrebbe essere un arco tirrenico che parte da Savona e arriva a Livorno, ci vuole un arco del Nord Adriatico che parte da Ravenna e arriva fino a Trieste, con una struttura che potrebbe competere sul miglioramento dei costi contro porti stranieri e ha bacini di mercato sostanzialmente coerenti sui quali bisogna puntare. Sempre l’articolo 29, sul quale nasce il Piano della Logistica, aveva un secondo comma che diceva, caro Dipartimento della Programmazione Economica della Presidenza del Consiglio, fai l’esame di quelli che sono gli investimenti, le coperture finanziarie che ci sono, per andare a scoprire quali sono i porti che si inventano delle opere ma non hanno soldi da finanziare, altri che li hanno finanziati. Questi documenti sono pubblicati un po’ sparsi. In questi documenti esce fuori che al porto di Savona gli investimenti da qui al 2018 sono coperti al 96%, mancano 80 milioni per diga foranea di Vado, ma secondo me succederà che diventeranno solo 40 perché riusciranno a risparmiarne 40 da altre parti. C’è qualche autorità che ha messo nel piano cose che non sono finanziate: Genova ha 20 milioni di euro su 1.8 miliardo di opere strategiche”.
“Uno, vorrei vedere i numeri che mi dicono che io davvero guadagno di competitività. Che non mi creano problemi a fine anno con le compagnie portuali unificate su Genova, che non mi dicano come ha detto Luigi Merlo che portano a Savona il carbone e il petrolio dalla Carmagnani, e a Genova i Ro-Ro. I Ro-Ro a Savona hanno fatto nell’ultimo anno 1400 accosti, hanno portato il personale diretto da 15 persone a 55 e occupano costantemente 45 persone della compagnia tutti i giorni. Non mi interessa la cadrega di Miazza o di nessun altro. Riteniamo che andrebbe visto con qualcosa di più ampio. Almeno ragioniamo in termini di distretto ligure. Abbiamo da parlare con Piemonte Lombardia ed Emilia, altrimenti la nostra merce oltre appennino e oltrealpe la tiriamo con la fionda, per la mancanza di infrastrutture. Ci vuole un sistema più forte perché bisogna parlare con la parte industriale della nostra area padana, per essere più competitivi”.
“Dunque, qualcuno che decida tra noi, tra le tre Autorità Portuali, dove fare gli investimenti, come farli, di che qualità. Abbiamo come porto di Savona dei numeri positivi, non siamo una bad company, non abbiamo questa necessità di accorparci, ma ritengo sia opportuno che il marketing sia fatto insieme. Che verso gli altri si parli insieme: siamo i primi a dire che bisogna aprirci. Io rappresento le imprese, quindi l’unico a cui non si può dire nulla sull’investimento sul futuro e sulla scommessa sul futuro sono i rappresentanti delle imprese, perché per natura l’impresa crede nel futuro e investe nel futuro. Trovo che sia un’ovvietà dire che nel piano della logistica c’è scritto che non toglierebbero i finanziamenti a Vado, alla Maersk, sarebbe una figuraccia internazionale, danesi e olandesi che mettono 200 milioni di euro. Dico: noi siamo per un’apertura, non siamo per il campanile, non siamo a difendere alcuna cadrega, ma siamo per un sistema in cui siano chiari i numeri e i vantaggi per un porto che in questo momento funziona”.
“Nei corridoi, quello che so per certo è che gli operatori di Genova mi dicono che da due anni sono fermi, disperati. Io in quel porto, in questo momento, non ci voglio andare. A meno che non ci sia qualcuno che mi faccia un bel piano economico e mi dica ‘da domani le tue concessioni invece di X valgono X meno Y’, ‘da domani per ogni tonnellata di merce che tu sbarchi ne arriveranno della altre e ti costerà di meno’, e ‘da domani potremo dare più lavoro alle nostre persone e alle nostre imprese’. Questo semplicemente vogliamo”.