D’ora in poi, SVolta.net ospiterà, una volta al mese, l’intervento di Lorenzo Cuocolo, Professore Associato di Diritto pubblico comparato all’Università “Bocconi” di Milano, Avvocato, che si occupa di diritto amministrativo e diritto dell’economia, che farà il punto su alcune tematiche di attualità per il mondo dell’impresa.
Con la sentenza n. 10 del 2015 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della Robin Tax, ossia della maggiorazione dell’IRES introdotta dal Governo Berlusconi nel 2008, all’indomani del deflagrare della crisi economica, nei confronti delle imprese operanti in settori quali la produzione e la commercializzazione di benzine, petroli e gas, che avessero conseguito, nel periodo d’imposta precedente, ricavi superiori a 25 milioni di euro (soglia successivamente ridotta fino a 3 milioni).
Tale misura era giustificata da un lato dalla grave crisi economica che era allora appena deflagrata e, dall’altro lato, dal contemporaneo aumento del prezzo del petrolio, che aveva consentito alle imprese operanti nel settore energetico di conseguire ricavi straordinari, in un periodo di difficoltà economica generale. La Robin Tax era stata quindi concepita dall’esecutivo come una misura eccezionale, legata alla particolare congiuntura economica e finalizzata a trasferire, in chiave redistributiva, il peso fiscale dai consumatori alle imprese.
Se questo era il legittimo scopo perseguito dal legislatore, tuttavia, la Corte Costituzionale ha ritenuto che la struttura dell’imposizione prevista dall’art 81, commi 16 ss., d.l. 112/2008, non fosse coerente con tale finalità e che, quindi, la norma impugnata fosse viziata di irragionevolezza.
Secondo la Corte, infatti, in primo luogo, la configurazione del tributo come maggiorazione di aliquota da applicarsi all’intero reddito d’impresa, anziché ai soli sovra-profitti, confliggeva con la finalità – dichiarata espressamente dalla norma stessa – di colpire i proventi straordinari realizzati in quel periodo dalle imprese operanti nei settori energetici e petroliferi.
In secondo luogo, la Consulta ha ritenuto che la natura (asseritamente) eccezionale del tributo contrastasse con il suo carattere permanente, strutturale, del tutto slegato dal perdurare della situazione congiunturale che ne aveva giustificato l’istituzione.
Infine, secondo la Corte, la finalità solidale del tributo era frustrata dall’impossibilità di evitare che l’inasprimento degli oneri fiscali gravanti sulle imprese si traducesse in aumenti dei prezzi al consumo, con paradossali ricadute negative sui consumatori, ossia sui soggetti che avrebbero dovuto beneficiare della misura. La norma infatti aveva previsto un generico divieto nei confronti delle società di traslare l’onere della maggiorazione d’imposta sui prezzi al consumo, ma tale divieto era risultato del tutto inefficace, data l’obiettiva difficoltà – lamentata anche dall’Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas ed il Sistema Idrico – di isolare la parte di prezzo praticato dovuta a traslazioni di imposta.
Per questi motivi, la Corte ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 81, commi 16, 17 e 18 del d.l. 112/2008, per violazione degli artt. 3 e 53 Cost., «sotto il profilo della ragionevolezza e della proporzionalità, per incongruità dei mezzi approntati dal legislatore rispetto allo scopo, in sé e per sé legittimo, perseguito».
In conclusione, la Corte, tenuto conto delle conseguenze che una tale decisione avrebbe prodotto sulle finanze dello Stato, ha ritenuto che fosse necessario limitare l’efficacia della propria sentenza – che, di regola, dovrebbe essere retroattiva – ai soli rapporti futuri.
Questo significa, in pratica, che la Robin Tax non sarà più dovuta a partire dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza (avvenuta l’11 febbraio). Invece, quanto versato, o comunque dovuto, in relazione ai periodi di imposta precedenti a tale data, non potrà essere recuperato.
Per le imprese del settore energetico si tratta quindi di una vittoria solo a metà: non si vedranno restituire quanto versato in questi anni in base ad una norma incostituzionale, ma non dovranno più pagare una tassa irragionevole. E di questi tempi, visto il crollo del prezzo del petrolio, forse tutto sommato il bicchiere può essere considerato mezzo pieno.