Il rapporto diffuso dal Centro studi Confindustria stima che il pil italiano del 2020 è in calo del 6%, con una caduta stimata del prodotto interno lordo nel secondo trimestre del 10% rispetto alla fine del 2019. Queste le previsioni dell’impatto dell’emergenza coronavirus in Italia, contenute nel rapporto di primavera 2020 di Confindustria. Brusco calo nel 2020 anche per i consumi delle famiglie (-6,8%), gli investimenti (-10,6%), l’export (-5,1%) e l’occupazione (-2,5%). In forte aumento l’indebitamento della pubblica amministrazione, al 5% del pil contro l’1,6% del 2019. Una consistente ripresa ci sarà nel 2021, quanto il pil è atteso in crescita del 3,5%.
La previsione, precisa il rapporto chiuso il 27 marzo scorso, è formulata che sulla base dell’assunto che la fase acuta dell’emergenza sanitaria termini a maggio. Ogni settimana in più di blocco normativo delle attività produttive, secondo i parametri attuali potrebbe costare una percentuale di pil ulteriore dell’ordine di almeno lo 0,75%.
Sul versante delle imprese, è urgente evitare che il blocco dell’offerta e il crollo della domanda provochino una drammatica crisi di liquidità nelle imprese: a fronte delle spese indifferibili e degli oneri di indebitamento, le mancate entrate prodotte dalla compressione dei fatturati potrebbero mettere a repentaglio la sopravvivenza stessa di intere filiere produttive.
Secondo il Csc, le misure del governo intraprese finora vanno nella giusta direzione ma «la dimensione degli interventi è largamente insufficiente. Secondo il Centro studi, se le nuove misure in cantiere fossero analoghe a quelle del primo intervento e finanziate integralmente con risorse europee si potrebbe avere un minor calo del pil nel 2020 di circa lo 0,5%.
Nel Rapporto del CSC sono esaminati quattro fattori geoeconomici cruciali, che identificano altrettante tematiche trasversali: i cambiamenti climatici, le regole europee, i legami finanziari USA-Europa e la governance multilaterale degli scambi.
Lotta ai cambiamenti climatici. L’emergenza sanitaria è connessa al tema, più ampio, della sostenibilità della crescita mondiale. Evidenzia, infatti, che l’equilibrio economico è, necessariamente, anche un equilibrio ambientale e sociale. L’Europa, in particolare, ha urgente necessità di un ampio piano di investimenti per realizzare la transizione green, anche per contribuire al recupero macroeconomico dopo la crisi da Covid-19.
Regole europee. Già la crisi dei debiti sovrani del 2011 aveva mostrato le criticità dell’architettura della casa comune europea. I limiti dell’assetto della governance europea sono nuovamente evidenziati dall’attuale crisi sanitaria. Il piano proposto finora dalla Commissione UE è poca cosa e come al solito lascia ai singoli paesi la responsabilità di gestire la crisi. La sospensione del Patto di stabilità è emergenziale, indispensabile ma insufficiente. Le istituzioni europee sono all’ultima chiamata per dimostrare di essere all’altezza della situazione.
Legami finanziari USA-Europa. I mercati finanziari sono stati l’origine e il primo canale di diffusione della crisi del 2008, dagli Stati Uniti all’Europa e al resto del mondo. I successivi profondi interventi regolatori e prudenziali li hanno resi sensibilmente più robusti a fronte di shock negativi. Sono in grado di reggere l’impatto della crisi da COVID-19?
Governance degli scambi mondiali. Il dibattito sul protezionismo, che è stato momentaneamente oscurato dalla crisi pandemica, ha costituito il principale elemento di tensione economica globale nei due anni passati. Anche ora i blocchi agli scambi giocano un ruolo rilevante, aggravando le conseguenze delle interruzioni lungo le catene internazionali di fornitura. C’è da attendersi che le tensioni commerciali tornino al centro del dibattito, una volta terminata l’emergenza sanitaria?